lunedì 25 agosto 2014

Intervista a Mons. Raffaele Nogaro vescovo emerito sull' incontro con Papa Francesco a Caserta



Il Vescovo emerito Raffaele Nogaro, ispiratore del "Movimento Internazionale per la Pace e la Salvaguardia del Creato III Millennio" della Provincia di Caserta - Regione Campania, ha ricevuto lo scorso Febbraio 2014 per le mani del suddetto Movimento il "Premio Internazionale per la Pace e i Diritti Umani, in questa solenne cerimonia la Presidente ed il Direttivo del Movimento per la Pace lo hanno anche nominato "Presidente Onorario", in segno di rispetto e di grande affetto per l'impegno profuso per la Pace e per quanto ha saputo dare, testimoniare e trasmettere nel corso degli anni del suo mandato pastorale. 
 Segue articolo intervista di Mariapia Bonanate – pubblicato su famiglia cristiana nr. 32/2014
“AIUTIAMO FRANCESCO A CAMBIARE LA CHIESA”
Per anni ha lottato per dare dignità agli ultimi e agli immigrati. Denunciando le zone grigie di collusione con la camorra. Oggi vede nel Papa quel cristianesimo di frontiera che ha vissuto
“Ti conosco, Nogaro”, ha detto con gioia papa Francesco al vescovo emerito di caserta, mons. Raffaele Nogaro che se ne stava, senza paramenti, confuso fra i preti venuti ad
accogliere il papa nella città campana, sabato 26 luglio. “Non credevo che mi conoscesse e ho provato una profonda commozione”, commenta il vescovo emerito di Caserta. La commozione si è fatta ancora più intensa quando Francesco gli si è avvicinato nella Cappella Palatina (Reggia di caserta) e Nogaro ha fatto il gesto di donargli la propria croce. Racconta: “Lui l’ha presa, l’ha guardata, ha esitato e poi me l’ha restituita e messa al collo, dicendomi, con un sorriso, che la benediceva, così, ogni giorno, portandola con me, avrei dovuto pregare per lui. Ora questa croce mi è estremamente più cara”. E aggiunge: “Il Santo Padre ha il dono di entrare in sintonia con chiunque gli si avvicini. Mi hanno colpito la sua semplicità, schiettezza, il sorriso aperto e sincero. Riesce a mettere a proprio agio chiunque gli si avvicini”.
Ho ritrovato in queste parole pervase di tenerezza e umiltà, il Raffaele Nogaro che avevo incontrato durante la Messa che celebra ogni domenica mattina nella città della “terra dei fuochi” di cui per ventisei anni è stato vescovo. Un pastore speciale, scomodo e battagliero, mai disponibile ai compromessi. Sempre in prima linea per chiedere giustizia e rispetto verso le persone, nell’accogliere e difendere gli immigrati, non ha mai smesso di alzare con forza la voce contro la corruzione, le infiltrazioni della camorra nella politica, l’abusivismo e la speculazione edilizia, le discariche illegali.


“Un prete povero fra i poveri” , lo ha definito don Luigi Ciotti, durante la recente veglia con i familiari delle vittime della mafia e con papa Francesco. E più che mai continua ad esserlo nella sobrietà di un’esistenza che la malattia ha reso fragile, ma non gli ha mai impedito di tenere la porta di casa sempre aperta per accogliere chi bussa.
E’ stata un’esperienza intensa vivere con lui la Messa attorno ad un semplice tavolino di legno, trasformato in altare, nella grande stanza sottostante la sua attuale abitazione: un andare oltre la celebrazione, per stare insieme in quel “mistero della fede” dove ciascuno offre se stesso e la propria vita nell’ascolto della parola di Dio e nella fraternità di un’assemblea che mette in comune problemi e pensieri, domande e attese. Un momento straordinario, durante il quale ho capito meglio quanto un giorno disse : “Vorrei che la mia Chiesa fosse di frontiera, non di vertice, protesa verso i bisogni dell’uomo. Una Chiesa che sta in mezzo alla gente comune, non è chiusa tra quattro mura, in una curia dorata, inaccessibile ai più, perché la frontiera è fuori dal tempio. E’ il luogo dell’imprevisto, dell’inedito. E’ il luogo dell’originale. E’ la meta agognata, il luogo dell’uomo sempre nuovo e sempre in attesa di una patria. E’ questa la Chiesa che ogni giorno sogno di vedere”.
Nel ricordo di queste parole mi è venuto spontaneo chiedergli se questa Chiesa l’ha ritrova in quella di papa Bergoglio.
“Si, l’ho ritrovata con tanta commozione. Francesco è l’uomo del Vangelo. Un uomo fra gli altri uomini. Non è un uomo di chiesa–istituzione. Per lui il Vangelo è al di sopra del papa, dei concili, della teologia e del diritto canonico. In questo modo lo ha reso attuale nella vita di tutti i giorni. Ogni suo gesto, ogni sua parola testimonia una Chiesa vera e genuina. Un “ospedale da campo” che provvede all’emergenza. Non giudica, non si ferma a dire la verità, non condanna. Dona a tutti, senza distinzioni e continuamente, l’amore del Padre per tutte le genti”
Papa Francesco ci chiede spesso di pregare per lui, di aiutarlo nella sua difficile opera di rinnovamento della Chiesa. Come possiamo farlo?
“Ritrovando innanzi tutto un rapporto con il Dio quotidiano. Il Dio che onoriamo nelle nostre chiese troppo spesso è lontano dalla vita reale. Lo identifichiamo con il potere, la ricchezza, gli onori e il prestigio. Così anche nella Chiesa si sono create disuguaglianze e ingiustizie, si difendono le ragioni dei privilegiati contro le attese dei diseredati e delle vittime. Dobbiamo aiutare Francesco a riscattare il Dio di Gesù che è ricolmo di tenerezza, prende su di sé tutto il dolore umano, si commuove e piange di fronte all’ammalato e alla vittima. S’indigna di fronte all’ipocrisia e all’ingiustizia. Dobbiamo convertirci, non solo cambiando condotta morale o mentalità, ma assumendo Cristo come espressione del nostro vivere e del nostro agire. Dobbiamo difendere l’uomo con la stessa sacralità con la quale ci inginocchiamo per pregare”.
Nel fermento oggi presente nella vita ecclesiale un capitolo molto importante è la formazione dei nuovi preti. Che cosa pensa dei seminari?
“C’è bisogno anche li di un vento vigoroso e fresco. Il seminario adempie il suo compito soltanto se riesce a formare dei sacerdoti che non appartengano al “ceto sacerdotale”, ad una classe privilegiata, ad una casta. Non deve preparare «dei funzionari» di una Chiesa autoreferenziale. Il clericalismo è la palla ai piedi della Chiesa. Il Seminario è il «deserto» scelto da Gesù dove s’imparano a vincere le tentazioni del potere, della ricchezza, del prestigio sociale. E si assumono i valori evangelici della vita, le Beatitudini, indispensabili per diventare come Gesù: «Io sono in mezzo a voi come colui che serve» Lc 22,7
Parlando della donna nella Chiesa il Papa ha detto: “Bisogna pensare che la Chiesa ha l’articolo femminile «la»: è femminile alle origini”.
Gesù, nei Vangeli, promuove la donna in modo integrale. Riconosce le donne apostole e discepole, alla pari dell’uomo. Occorre una teologia della giustizia che riconosca le donne quali soggetti sociali, morali e religiosi responsabili, interlocutrici dirette di Dio, senza la mediazione dell’uomo. Valorizzare la donna anche nel governo della Chiesa è una realtà di fede. Non deve preoccupare la tradizione, bisogna rispondere alla verità di una vocazione. Sembra giusto che nella chiesa le donne abbiano a svolgere i compiti che Gesù ha loro affidati, gli stessi dei maschi.

Lei è stato molto vicino a don Peppe Diana. Con lui andava nelle scuole del casertano per parlare agli studenti di giustizia verità.

“Eravamo profondamente amici. Mi chiese di contribuire all’ultima stesura della sua lettera “Per amore del mio popolo!” Passammo per guerrafondai e nessuno sottolineò che lo eravamo contro i camorristi. Don Peppe ha seminato il risveglio delle coscienze, la ribellione dei giovani che hanno bisogno di denunciare il male sociale. Il suo esempio è stato determinante per altri sacerdoti, religiose e religiosi. Grazie al suo martirio le nostre chiese si sono risvegliate. Nel passato ci sono state collusioni fra un certo tipo di Chiesa e la camorra che sovvenzionava le feste patronali. Oggi, grazie al suo martirio, la Chiesa è con la popolazione per rivendicare una società che non vuole più subire imposizioni e ricatti della camorra”

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